Friday, March 30, 2007

Cose preziose (parte settima)

Sono stata in apprensione tutto il giorno e ora finalmente rientro a casa. Quello che vedo aprendo la porta non aiuta a dissipare le mie paure.
L’assicuratore e Rodolfo II sono ancora seduti allo stesso tavolo. La nota positiva è che l’odioso individuo sembra davvero provato. Non deve essere facile passare una giornata intera con l’imperatore.
La nota negativa, invece, è la pila di fogli prestampati che campeggia minacciosa.
Ruthven e Theo assistono placidamente alla scena.
Carmilla (preoccupata): “Che sta succedendo?”
Theo (senza guardarla): “È pazzesco, ne ha firmati a decine”
Carmilla (sempre più preoccupata): “Di cosa?”
Ruthven: “Di moduli per l’assicurazione, naturalmente. Si è assicurato contro tutto. Anche contro la rottura del parabrezza. Tu conosci qualcuno a cui si è improvvisamente rotto il parabrezza?”
Carmilla: “E voi siete semplicemente rimasti a guardare? Non potevate fare qualcosa?”
Ruthven (con candore): “Theo voleva fermarli in un primo momento, ma era una scena troppo divertente! Guarda!”
Sebbene trovi disdicevole il loro comportamento la tentazione di una sbirciatina è più forte.
Rodolfo (cercando di fare il punto): “Quindi se mi succede questa cosa prevista dal modulo voi mi pagate”
Assicuratore (sfinito, si sforza di essere ancora gentile): “Certo maestà, ne abbiamo già parlato.”
Rodolfo :”Basta che io firmi, allora”
Assicuratore: “Sì e che versiate ogni anno una piccola quota”
Rodolfo (burbero): “No vi sbagliate, siete voi che dovete pagare me. Io non posso assicurarvi”
Assicuratore: “No maestà, ma dovete pagare una quota annuale se volete che l’assicurazione sia valida al momento del bisogno”
Rodolfo (pensieroso): “Ma devo pagarvi solo quando la cosa per cui sono assicurato si verifica?”
Assicuratore (sempre più stanco): “No vostra grazia, quando la cosa si verifica paghiamo noi”
Rodolfo (esultante): “Allora era come dicevo io!”
Assicuratore: “Ma se non si verifica nulla pagate voi.”
Rodolfo (resta in silenzio, un po’ contrariato, poi esclama): “Non ho capito, rispiegatemelo.”
Theo (rapito): “Carmilla, è incredibile, avranno ripetuto questa scena dozzine di volte. Inizio a provare pena per quel poveretto.”
Io, lo confesso, ancora no
L’Assicuratore, è chiaro, non desidera che una cosa: finire e andare via
Assicuratore: “Rimane solo la polizza contro le epidemie”
Rodolfo scoppia in una fragorosa risata.
L’assicuratore lo guarda perplesso, questa polizza non è più assurda delle altre.
Rodolfo: “Il mio tocco è taumaturgico” spiega con accondiscendenza.
Non gli sembra vero, ha finito. Raccoglie tutte le sue scartoffie, si aggiusta cravatta e giacca e dice, con la poca energia che gli è rimasta: “Maestà, per il compenso ho calcolato...”
Rodolfo (interrompendo): Non dite nulla. Ho deciso di premiare la vostra pazienza e perseveranza pagandovi certo più di quanto avreste avuto l’ardire di chiedere.”
Per un attimo torno a veder brillare l’ingordigia nei suoi occhi. E si riaccende l’odio

Carmilla (insofferente): “Theo facciamo qualcosa. Che quel tizio riceva anche un compenso non lo sopporto”
Theo: “Che vuoi fare? Non puoi impedirgli di disporre di sé e di ciò che possiede. Lo offenderesti. Non puoi trattarlo come un vecchio demente”
Carmilla: “Beh però lo è...”
Theo: “Sì ma non è carino dirglielo”
Restiamo pensierosi
Rodolfo: “Portatemi la mia borsa”
Ruthven obbedisce di malavoglia e poi viene a posarsi sulla mia spalla
Ruthven: “Se stacca una pietra dalla borsa mi cadranno tutte le piume per la tristezza. Con una sola di quelle bambine potremmo andarci avanti vari mesi”
Carmilla (sconsolata): “Non ci pensare.”
Rodolfo pesca nella sua borsa poi ne tira fori una scatoletta di legno, una penna d’oca e una barretta rossa.
Rodolfo (declamando): “Per tutti i vostri preziosi servigi io vi nomino attendente del vice ciambellano del Sacro Romano Impero”. E poi aggiunge confidenzialmente “È una carica per cui molti uomini si sono assassinati. Del fuoco!”
Dalla scatola tira fuori una pergamena e con la penna d’oca verga in pomposi e svolazzanti caratteri una nomina imperiale. Gli porgo timidamente un fiammifero acceso, lui scalda la barretta di cera e vi appone il suo sigillo.
Rodolfo (soddisfatto): “Ecco a voi”
L’assicuratore non può che ringraziare cerimoniosamente, nonostante sia verde di bile. Ha passato una mattina d’inferno e tutto quello che ha guadagnato è la nomina ad una carica che non esiste più in un regno scomparso. Di sicuro non lo vedrò più da queste parti.
Rodolfo: “Vi consiglio di iniziare a recarvi al castello per insediarvi. Vi vedrò con piacere al mio ritorno. Intanto chiedete del mio cameriere, sarà a vostra disposizione. Alla vista del sigillo nessuno dubiterà. Ora potete andare.”
Il suo tono non ammette repliche o aggiunte e la sua attenzione, del resto è già tutta da un’altra parte.
Apro con gioia la porta e saluto con un sorriso ciò che resta dell’assicuratore.
Carmilla (ironicamente): “Buon insediamento”
Appena l’intruso è andato via Rodolfo inizia a ridere di gusto.
Rodolfo: “Che scena impagabile! Erano anni che non mi divertivo così. Forse decenni!”
Guardo il sovrano con sorpresa
Carmilla: “Maestà, ma voi...”
Mi guarda con aria maliziosa
Rodolfo: “Ma io?”
Carmilla: “Nulla, volevo dire...”
Rodolfo: “Temevate che m’ingannasse?”
Carmilla: “Beh, ero preoccupata per voi, lo confesso.”
Rodolfo (dolcemente): “Non sono sciocco come sembro”
Carmilla (nascondendo l’imbarazzo): “Ma perché lo avete fatto?”
Rodolfo: “Non mi sono mai piaciuti i villani.”
Temo di averlo mal giudicato
Carmilla: “Gli avete fatto davvero un bello scherzo!”
Rodolfo (allegrissimo): “Già, ho usato il sigillo di sicurezza! Quando arriverà al castello scoprirà che l’atto non è valido.”
Sono confusa. Si prende gioco anche di me o è completamente idiota?

Rodolfo: “Per voi e per i vostri amici però ho un regalo vero.”
La parola regalo risuona come un campanello e i miei “fidi” compagni si materializzano accanto a me.
Sua maestà riprende a pescare nella sua imperiale borsa aumentando la suspance.
Ruthven: “Mary Poppins con la barba è un’immagine disgustosa”
Carmilla: “Non pensarci”
Le nostre futili supposizioni vengono interrotte dal grido di trionfo di Rodolfo II. Il mistero di cosa contenga esattamente la sua borsa resta insoluto.
Come spesso accade, almeno nella mia vita, la realtà ha superato l’immaginazione. L’imperatore sbiellato ci porge una noce di cocco.

Monday, March 19, 2007

Rassicurazioni (parte sesta)

Al mio risveglio si è verificato un curioso paradosso spaziotemporale: sono trascorsi solo due minuti ma l’orologio cerca di convincermi che le magre ore di sonno a mia disposizione sono già scadute.
Mi alzo, afferro a i primi indumenti che mi capitano sottomano e raggiungo la cucina.
Pesco dalla credenza qualcosa che abbia “cioccolato” tra gli ingredienti e mi dirigo frettolosamente verso la porta; ma pochi istanti prima che io poggi la mano sul pomello il campanello suona.
Meraviglioso, sarà il postino. Non c’è nulla di meglio che ricevere una lettera di primo mattino, sarà una bella giornata, lo sento.
Apro con l’impeto dell’ottimismo ma, invece del postino, mi trovo davanti un perfetto sconosciuto.
Ha un età imprecisata e indossa un completo scuro a righe, una camicia col collo rigido e una cravatta grande come una tovaglia. Un’idea discutibile di eleganza.
Vedendomi cerca di produrre il suo miglior surrogato di un’espressione accattivante ma, sarà l’implicito rimprovero di non essere il postino, il tentativo non è particolarmente riuscito.
Sconosciuto buzzurro: “Buongiorno signora”
Carmilla (seccata che qualcuno l’abbia chiamata “signora”): “Prego?”
Sconosciuto buzzurro: “Vorrei farle delle domande, se mi consente”
Carmilla: “Veramente stavo uscendo”
Sconosciuto buzzurro: “Solo pochi minuti...”
Si intrufola in casa con la stessa abilità di un capitone.
Sconosciuto buzzurro: “Innanzitutto vorrei sapere se lei è viva o morta”
È un cretino o cosa? Sto per chiederglielo, proprio così, testualmente, quando capisco che è solo l’ennesimo trapassato che non ha di meglio da fare che importunare la gente che lavora.
Carmilla (antipatica): “Sono viva, naturalmente”
Sconosciuto buzzurro (con entusiasmo): “Complimenti signora! Non sembra, davvero.”
Non c’è niente di peggio che incontrare uno stronzo di prima mattina. Sarà una giornata difficile, temo.
Carmilla: “Posso fare altro per lei?” chiedo sperando che il tono stizzito sia più eloquente del significato letterale delle mie parole. Ma l’importuno non capisce o, forse, finge di non capire.
Sconosciuto buzzurro: “Sa, signora è meraviglioso incontrare qualcuno di vivo con cui possa parlare.”
Carmilla: “Me ne rallegro ma sono molto in ritardo.”
Sconosciuto buzzurro (insinuante): “È qui che la volevo! Lo sa che la fretta è uno dei principali fattori che fa aumentare il rischio?”
“Il rischio di che?” faccio l’errore di chiedere.
Sconosciuto buzzurro: “Ma come di che?” risponde con il suo insostenibile piglio da televenditore “Il rischio che le succeda qualcosa. Un sinistro, un accidente. Dal semplice fastidio a... mi capisce... la tragedia, contemplando tutti gli stati intermedi.”
Direi che quest’uomo mi sta esplicitamente portando sfiga e trovo la cosa perlomeno scortese.
Carmilla: “Non ricordo cosa ha detto di volere in casa mia”
Sconosciuto buzzurro: “Suvvia signora non si alteri, cerchi di essere comprensiva. Sono stato un assicuratore tutta la vita, non so fare altro. Ma ora sono morto e posso parlare quasi esclusivamente con degli altri morti. Ma lei crede che i morti vogliano assicurarsi? Il peggio che poteva succedergli è già successo e io? Cosa posso fare? Sia buona, una piccola assicurazione. Contro incendi, terremoti. E se succedesse qualcosa alla casa?”
Mastico bestemmie mute

Carmilla: “Guardi la sua storia è commovente, ma io devo proprio andare”
Assicuratore: “Mi permetto di insistere”
RodolfoII: “Io sarei interessato a queste cosidette «assicurazioni»...”
Un lampo misto di ingordigia e pura gioia si accende nelle pupille dell’ambiguo individuo.
Parzialmente smorzato nello scoprire che il suo interlocutore è un attempato signore barbuto dall’aria non esattamente penetrante.
Assicuratore: “Sarò felice di spiegarle tutto. Ha cinque minuti da dedicarmi?”
Il suono di questa locuzione automatica, quasi il preludio ad una sinfonia di truffa fa scattare in me l’istinto di protezione. Lasciare Rodolfo II con questo tizio è omissione di soccorso, circonvenzione d’incapace, insomma il mio senso morale mi impone di fare qualcosa.
Carmilla: “Maestà perdonate l’intrusione. Come il signore spiegava prima i suoi servigi sono... ridondanti... per le persone nella sua situazione.”
RodolfoII (interdetto): “Quale situazione?”
Carmilla (sperando di non provocare imbarazzo): “Beh, le persone morte...”
Rodolfo sorride sollevato: “ah ma un imperatore non muore mai. A livello giuridico ho gli stessi diritti di un vivo.”
Carmilla: “Secondo quale ordinamento giuridico?”
RodolfoII: “Il mio... Ma non eravate in ritardo? Su, andate...”
“Sì, andate...” rincara l’infingardo.
Discutere lo so, non serve.
Assicuratore: “Signora?”
Carmilla: “Si?”
Assicuratore: “Mi raccomando, mai di fretta eh?”
Sarà una giornata di merda, lo so...

Thursday, March 01, 2007

Vivir para contarla (parte quinta)

Rodolfo II d’Asburgo, imperatore, ci sta implorando di trovare un modo per lenire il suo dolore.

Mi sento impotente e mi si spezza il cuore. Anche Teo, Ruthven e Muriel si guardano alla ricerca, infruttuosa, di una buona idea.
L’unica a non aver perso la calma è la Barosessa che, senza compatirlo troppo e senza perdere il suo cipiglio, lo fa riaccomodare sul divano.
Non credo lo faccia per mancanza di sensibilità ma piuttosto perché l’imperatore ha l’aria di uno di quei personaggi che è sempre pericoloso compiangere.
Baronessa: “Parlateci di lei”
Rodolfo II: “Cosa volete dire?”
Baronessa: “Come era Esther?.”
Rodolfo II pare dimenticare i suoi tristi affanni e con la gioia con cui tutti gli innamorati si dilungano sulle virtù del proprio oggetto d’amore, incomincia: “Esther era piena di vitalità e di un fascino senza artifici. Era minuta e bruna, aveva lunghissimi capelli neri e incredibilmente crespi” Rodolfo II sorride affettuosamente e poi continua, senza rivolgersi a nessuno in particolare “lei odiava i suoi capelli, per questo li portava quasi sempre coperti con un dei teli morbidi. A me invece piacevano molto e quando la vedevo li scoprivo, subito. Le dicevo che quella era la prova che, qualche secolo prima, i suoi antenati avevano camminato nel deserto.”
Carmilla: “E poi?” Ormai sono preda della curiosità ma non ci sarebbe davvero bisogno di invitarlo a parlare.
Rodolfo II: “Aveva la pelle chiara e grandi occhi neri. Le labbra avevano una piega quasi severa, ma tutta la sua sensualità era rivelata da una spia impertinente... (sorride) un piccolo neo scuro, proprio qui” dice appoggiano l’indice poco sopra il suo labbro superiore.
Baronessa: “Cosa le piaceva?”
Rodolfo II: “Il blu, le piacevano gli oggetti e i tessuti che avessero quel colore. E anche i fiori o le pietre. Ho comprato innumerevoli ceramiche dall’oriente solo perché possedevano una sfumatura di blu. Come se un giorno lei potesse vederle...”
Rodolfo sta per ripiombare nella malinconia ma la Baronessa lo pungola
Baronessa: “Cosa facevate insieme?”
Rodolfo II: “Io non lo so esattamente... credo quello che fanno tutti gli innamorati...”
Lancio uno sguardo inibitore a Ruthven prima che dica qualcosa di inopportuno
Rodolfo II: “Stavamo vicini, quanto più potevamo, e parlavamo continuamente. Di cosa poi... non saprei dirlo... credo che quasi sempre parlassimo di noi stessi e di quanto ci fossimo mancati e di quanto fosse lungo e privo di senso il giorno senza l’altro e quanto fosse più amabile e dolce la notte che ci riuniva. Credo che fossero discorsi molto sciocchi...”
Baronessa: “Camminavate insieme?”
Rodolfo II: “A volte, facevamo brevi passeggiate e osservavamo le stelle o i gatti randagi. Eravamo felici. È difficile raccontare la felicità.”
Baronessa: “La tenevate per mano?”
Rodolfo II: “Sì, non avrei dovuto ma sapevo di percorrere le strade di una città incantata, non ne ero certo ma sentivo che non avremmo incontrato nessuno e che avremmo potuto essere davvero liberi. Come nessuno è mai, nella vita reale.”
Rodolfo si ossrva la mano e la stringe dolcemente, come se volesse racchiudervi qualcosa di fragile e prezioso.

Rodolfo II: “Aveva belle mani, Esther. Piccole ma forti. A me piaceva riempirle di baci...”
Rodolfo II riprende contatto con la realtà e d’improvviso si accorge che oltre ad una elegante signora di mezza età ha davanti a sè un uditorio folto e molto meno distinto. Comprensibilmente il riserbo prende il sopravvento e il sovrano triste decide che è il momento di interrompere il suo racconto.
Capita la situazione ci disperdiamo simulando disinteresse.
Baronessa: “Allora maestà, com’è stato?”
Rodolfo II: “Cosa madame?”
Baronessa: “Ricordare. E raccontarlo.”
Rodolfo II: “Meraviglioso” risponde con dolorosa malinconia
Baronessa: “Era quasi come quando la sognavate?”
Rodolfo II: “Niente è come quando la sognavo. Però... sì grazie, è stato molto bello. Era come se la rivedessi. Mi sono sentito meno solo.”
La Baronessa gli prende la mano e la stringe con affetto.
Chissà se questo riappacificherà Rodolfo II e la realtà. Temo di no ma sono felice di vederlo meno angosciato.
È quasi l’alba. Se mi teletrasporto nel letto forse potrò dormire un’ora o due.
I fantasmi sono creature piuttosto prevedibili, solitamente. Da Rodolfo II mi sarei aspettata che ci ringraziasse e togliesse il disturbo. Invece il nobile Asburgo è ancora lì, pensieroso (o assente, è difficile giudicare) sul mio divano.
Il suo sguardo incontra il mio e dopo qualche secondo di silenzio sua grazia mi dice
Rodolfo II: “Credo che rimarrò qui ancora per un po’.”
Certo un morto fuori di testa in più o in meno non fa una gran differenza. Ma c’è qualcosa che mi fa sospettare che non sia una buona idea. Anche se non saprei dire esattamente perchè.
Ci penserò domani, ora devo cercare di dormire.
Carmilla: “Allora io mi ritiro nella mia stanza, maestà”
Rodolfo II: “Certo, certo vi do il permesso”

I motivi di perplessità si fanno meni confusi...
Mentre salgo le scale lo sguardo mi cade su un quaderno che avevo comprato qualche giorno fa dimenticando colpevolemnte che ormai scrivo quasi esclusivamente al computer.
È talmente tardi che non saranno 10 minuti di sonno in più a salvarmi dall’emicrania. Scendo di nuovo a pian terreno e prendo il quaderno e una penna.
Mi avvicino al divano
Carmilla: “Meastà?”
Rodolfo II: “Dite pure”
Carmilla: “Io avevo pensato che quando vi sentite solo, quando Esther vi manca molto... potreste scrivere qui tutti i vostri ricordi di quando eravate con lei.
Non sarà come starle accanto, ma io credo che vi farà sentire più vicino a lei. Così non correte il rischio di dimenticare nulla. E quando vorrete potrete rileggere quello che avete scritto e rivederlo davanti ai vostri occhi. Oppure potreste leggerne qualche pagina a noi. Solo le parti che sceglierete voi...” aggiungo ricordando l’imbarazzo di prima.
Rodolfo mi guarda e cerca per diversi secondi le parole per rispondermi. Poi, dopo una lunga attesa non so più se derivata dall’emozione o dalle sue disconnessioni, dice semplicemente “grazie”.

Corro a infilarmi sotto le coperte.