Saturday, October 06, 2007

Copacabana (parte ottava e ultima)

Tutti almeno una volta abbiamo finto che un regalo ci piacesse. Per non ferire chi lo aveva donato in buona fede, perché comunque, per quanto brutto, inutile o ingombrante, era pur sempre un segno d'affetto.
Confesso, però, che una noce di cocco mi mette in una certa difficoltà. A trarmi d'impaccio è la scarsa ricettività del donatore che non può nemmeno concepire che un suo presente possa essere meno che gradito.
Ruthven: "Che bel pensiero. Peccato che abbiamo finito l'ananas..."
Carmilla (cercando di coprire la voce di Ruthven): "Maestà sono... senza parole..."
Theo (sottovoce): "Questo è sicuro..."
Rodolfo sorride compiaciuto: "Sono felice che la teniate voi. L'avete meritata con la vostra genitlezza."
Ruthven (eccessivamente cerimonioso): "No maestà, non possiamo accettare"
Il nostro imperatore respinge con magnanimità le proteste di Ruthven che non immagina ironiche.
Rodolfo II: "Un grande sovrano si misura dalla sua generosità".
Ruthven: "Ora capisco come sia finito il Sacro Romano Impero..."

Una noce di cocco. Immagino anche andata a male, per inciso. Una noce di cocco del 1600. Chi sa se ha un valore antiquario. O botanico...
Rodolfo II: "Ho preso una decisione importante". dice con voce teatrale. "Mi recherò a Roma in pellegrinaggio. Il papa mi riceverà".
Immaginare la scena mi diverte molto. Pretenederà di farsi ricevere dal papa in carica? Il buon Ratzinger può vedere i fantasmi? O l'imperatore cercherà lo spirito del papa che lo incoronò? Chi sa se tutti gli ex papi infestano bonariamente il Vaticano, mi chiedo tra me e me.
Intanto mi gingillo con la noce di cocco.
Rodolfo II: "Madame..."
Rodolfo secondo mi riporta alla realtà. Per quanto l'espressione possa suonare involontariamente ridicola
Carmilla: "Dite pure maestà"
Rodolfo II: "Se fossi in voi non lo farei". Non è proprio un rimprovero, più una raccomandazione. Mi scuso con lui. Non vorrei che pensasse che non ho apprezzato il suo regalo.
Carmilla: "Vado a riporlo in un luogo più... adeguato"
Ruthven: "Il frigo è pieno!"
Rodolfo II: "In una cassaforte?"
Carmilla (prima stranita poi accondiscendente): "Certo sì, qualcosa di simile."

Salgo nella mia camera da letto e poggio cerimoniosamente la noce di cocco sulla specchiera. Rodolfo potrebbe essere ancora in giro. Accarezzo la superficie levigata dagli anni. A chi può venire in mente di conservare una noce di cocco così a lungo?
Theo entra nella stanza con un'aria divertita.
Theo: "Questa devi leggerla assolutamente". Ha in mano la guida di Praga e mi mostra un piccolo articolo sui «tesori» di Rodolfo secondo.
Carmilla: "Certo che ha dissipato un impero"
Theo: "Sì ma la cosa divertente è un'altra" e mi indica una foto. "Il cocco doveva piacergli proprio tanto!"
Carmilla: "Non è possibile! Ha fatto incastonare di oro e pietre preziose una noce di cocco!"
Theo: "Sì, è esposta."
Carmilla (sorridendo): "Questo dimostra, se non altro, che ci stima molto"
Theo sorride e alza le spalle pelose
Theo: "Ti lascio lavorare".

Accendo il computer e per qualche ora il mondo dei vivi mi riassorbe. Quando decido di fare una pausa è già buio da un pezzo. Non ho nemmeno cenato. Scendo in cucina e accendo la luce.
Sul divano, con l'aria smarrita, c'è Rodolfo II. La luce lo ha spaventato e ci mette un po' a riconoscermi. Povero imperatore, speriamo che riesca a cavarsela in giro da solo per il mondo.
Carmilla: "Siete ancora qui, maestà?"
Rodolfo II sembra vergognarsi. Non mi è mai apparso così vecchio e fragile.
Rodolfo II: "Io... non ricordo più dove dovevo andare."
Carmilla (dolcemente): "Dal papa, maestà."
Si illumina di gioia.
Rodolfo II: "Esatto. Proprio da Sua Santità."
Vorrei scriverglielo su un biglietto ma di certo lo perderebbe. Mi guarda con tenerezza.
Rodolfo II: "Non l'avrei regalata a nessun altri che a voi"
Carmilla (simulando orgoglio): "La noce di cocco?"
Rodolfo II: "La noce di cocco ha una sua eleganza naturale che apprezzo molto ma è sciocco da parte vostra tenerla più da conto della miniatura"
Carmilla: "La miniatura?"
Rodolfo sorride: "Una spledida miniatura di giada giapponese. Molto antica. Un gioiello di perfezione."
Carmilla incredula: "Maestà mi avete regalato un'opera d'arte antica di secoli?"
Rodolfo II: "Sono sempre stato munifico con chi era nelle mie grazie"
La notizia mi agita. Possiedo una cosa di incalcolabile valore. E ci giocherellavo. Che farci? Venderla a qualche mercante? A un museo? Tenerla per me? Donarla al popolo? La questione mi sembra di difficile risoluzione ma di certo ogni opzione prevede un passo preliminare
Carmilla: "Maestà qual è il modo corretto di... estrarla dal suo elegante involucro?"
Rodolfo II: "Dalla noce di cocco, dite?"
Annuisco con forza sperando che la lucidità dell'imperatore duri a sufficienza per darmi questa informazione cruciale prima che lui sparisca e probabilemnte si dimentichi che noi siamo mai esistiti
Rodolfo II: "Oh ma non si può"
Carmilla: "COSA?!"
Rodolfo II: "Non immaginate quanti esperimenti ho fatto! Sono arrivati alla mia corte artigiani e artisti di tutto il mondo. Ma solo uno è stato capace di richiudere la noce alla perfezione. Se guardate è quasi imppossibile persino scorgere il taglio." È visibilmente fiero dell'impresa.
Carmilla: "Ma la miniatura, come si può separare dal legno?"
Rodolfo II (sorpreso): "Perché farlo?"
Carmilla: "Beh non so, per guardarla per esempio?"
Rodolfo si ferma a riflettere come se l'idea lo toccasse per la prima volta e non gli sembrasse poi del tutto balorda. Poi scuote la testa con noncuranza. "Ad ogni modo non è più possibile"
Carmilla (addolorata): "Ne siete proprio sicuro?"
Rodolfo II: "Sì, la miniatura andrebbe in pezzi se si provasse ad aprire l'involucro"
La situazione è talmente paradossale che non riesco nemmeno a soffrire. Forse imprecherò domani.
Rodolfo (sorridendo): "Potreste vederla come una metafora dell'essere umano: una grande ricchezza racchiusa in un involucro ben misero."
Non sono particolarmente incline alla spiritualità in quetso preciso momento...
Rodolfo prende la sua borsa misteriosa e si avvia. Ma si ferma un ultimo momento sulla porta.
Rodolfo (accarezzando Carmilla): "Sono stato bene qui. Vi ricorderò."
Non posso che sorridere e sperare, per ora, che continui a ricordarsi chi è lui.
Fa due passi poi torna indietro
Rodolfo II: "Quasi dimenticavo di dirvelo, la lettera che stavate aspettando è arrivata."
Carmilla: "Maestà è sempre un dolore contraddirvi ma io non aspettavo nessuna letter..."
È già andato. Questa volta non solo in senso figurato.
Anche se non aspetto nessuna missiva la curiosità risvegliata mi obbliga a dare una controllatina veloce alla mia cassetta postale. Quel vecchio squinternato aveva ragione, si intravede un'ombra. Apro velocemente con le chiavi.
Spedire lettere cartacee è una splendida usanza che scompare, inesorabilmente soppiantata dall'indiscussa maggiore funzionalità dell'email. Io per prima appartengo alla schiera dei colpevoli di questo crudele misfatto. Conosco una sola persona che scrive e spedisce ancora cartoline. Forse «persona» non è la definizione più consona.
Rigiro tra le mani il rettangolo di cartoncino che riproduce una graziosa stampa giapponese tradizionale. Farà buona compagnia alla miniatura ming o a qualunque altra diavoleria - vera o immaginaria - sia contenuta in quella noce di cocco.
Dietro non c'è scritto nulla, non è necessario. Rientro in casa e salendo le scale mi fermo un momento a immaginare Henri con un kimono di seta.