Friday, December 30, 2005

Il Principe Invisibile

Che carino che è il signor Le Fanu, ispira una tale tenerezza. Divento tutta un sorriso per lui. Certo con quella berretta da notte non si può davvero prenderlo sul serio...
Le Fanu: "Vi ringrazio tanto, avevo perso il mio Campanellino e stavo quasi per disperarmi."

«Campanellino»? Quella bestia odiosa si chiama «Campanellino»? E perché non Biancaneve o Bambi? Sorrido imbarazzata. Il gatto fa le fusa come un qualunque gatto domestico.
Le Fanu si siede sul divano sempre accarezzando il gatto. Raccoglie le gambe come un bambino e poi mi chiede con candore
Le Fanu "potrei avere del latte caldo? Lo prendo sempre verso quest'ora".
Credo di aver capito l'andazzo della situazione.
Carmilla: "Per caso ci vuoi un po' di cacao?"
Non c'è bisogno di sentire la risposta, basta la luce nei suoi occhi.
Chiariamoci, anche lui non può bere. E nemmeno sentire il tepore della bevanda tra le mani. Ma credo che sia l'idea che gli piace, e il ricordo di quello che provava quando compiva le stesse azioni da vivo. E' uno dei mille tranelli della memoria. Vale anche per i morti.
Il latte lo scaldo davvero: vederlo fumare fa parte del piacere.
Poi glielo servo. E' davvero felice. Certo che non lo immaginavo proprio così l'autore di Carmilla. Lo avrei visto un po' più... non so... un po' più tetro, un po' più «dark». Uno con il senso dell'umorismo di Hugo e lo sguardo di Neil Gaiman. Fa sempre bene mettere in discussione i luoghi comuni.
Mi siedo accanto a lui. E' bello poter parlare con un bravo scrittore, anche se è strambo e ha un gatto dalla doppia personalità e se sono entrambi morti.
Tra le mille cose interessanti che potrei domandargli, come spesso accade, mi viene in mente solo la più sciocca.
Carmilla: "Perché scrivi solo alla luce delle candele?"
Le Fanu: "Durante il giorno le cose sono troppo chiare e i pensieri troppo confusi. Solo la notte copre con l'indistinto e risveglia il ricordo." Dice con l'aria ispirata fissando il vuoto. Poi si gira amichevolmente verso di me e aggiunge "Non si può scrivere nulla di giorno, al massimo una lettera commerciale."
Sorrido. Tendenzialmente sono d'accordo con lui. E poi sento una tale empatia nei suoi confronti che vorrei abbracciarlo.

Dopo pochi minuti di silenzio riprende, come se mi stesse confidando un grande segreto ma con la leggerezza e l'innocenza con cui lo farebbe un bambino.
Le Fanu: "Sai qual è la verità? Ho sempre avuto paura del buio. Una paura matta."
Fa un sorriso disarmante mentre io non riesco a trattenere un "ma dai?" E' come se si fosse scoperto il ginochio e mi mostrasse le sue cicatrici.
Carmilla: "E quando ti è passata?"
Le Fanu: "Mai, ce l'ho ancora. Per questo la notte accendevo sempre delle candele. La paura mi teneva sveglio tutta la notte, allora ho iniziato a usare quel tempo per scrivere. La paura era così viva dentro di me che riuscivo a riversarla nelle mie storie."
Carmilla: "Oh sì che ci riuscivi! Se qualcuno avesse spento la luce mentre leggevo Shalken il pittore credo che sarei morta."
Mi sto accalorando anch'io.
Le Fanu: "Sai se non hai mai provato la paura, quella irrazionale che ti gela il sudore sulla fronte, non puoi pensare di raccontarla."
Annuisco convinta.
Carmilla: "Detto tra noi, anch'io ho sempre avuto paura del buio."
Mi guarda felice, con complicità
Le Fanu: "E anche tu scrivi storie di fantasmi?"
Carmilla: "In un certo senso..."
L'atmosfera si sta facendo davvero intima. Non speravo che le cose prendessero questa piega. Mi siedo un po' più vicino a lui sul divano e lui fa lo stesso.
Il gatto si infila tra di noi prima che ci avviciniamo troppo.
Se il suo padrone non fosse così simpatico strangolerei la bestia demoniaca con un cuscino.
Le Fanu: "Scusami, non ti ho ancora chiesto il tuo nome."
Avrei potuto riflettere prima di farlo ma, come spesso capita, me ne sono accorta un secondo più tardi e ho risposto incoscientememte "Carmilla".

Tuesday, December 20, 2005

La luce delle candele

Entro a casa e nascondo subitoi pacchettini. E' il primo natale che passiamo insieme. Ancora non so se in loro prevale la pigrizia o la curiosità. In altre parole non so se si daranno la pena di perquisire la casa in cerca dei loro regali...

C'è qualcosa di nuovo nell'ingresso. Ma certo: un presepe! Che carini che sono quando vogliono. Chissà chi lo avrà fatto... Mi avvicino per guardarlo meglio. Mi accorgo che mancano angeli e sacra famiglia. Sgrano gli occhi. Che presepe è senza Gesù bambino, la madonna, il bue, l'asinello, i magi? Mi rendo conto che ci sono solo ed eclusivamente pecore e pastorelli. Credo di poter indovinare l'autore di questa meraviglia natalizia...

Mi tolgo il cappotto ed entro nel salone.
C'è uno strano odore ma non ci faccio troppo caso, sono ancora stordita dal freddo.
"Meno male che è arrivata! Giusto in tempo per procurarmi un posacenere...vero?"
E' una vocetta sottile e leggermente querula. Proviene da una poltrona del salotto ma non c'è seduto nessuno. O almeno così mi sembra ad una prima occhiata. In realtà abbassando la linea dello sguardo faccio la conoscenza del mio nuovo ospite.
Onestamente l'impatto non è dei migliori.
E' un gattone completamente nero. Siede antropomorficamente accavallando le gambe. Ha un'aria di furba strafottenza. E' uno che porta guai, non ne ho dubbi. E poi nella zampa tiene un sigaro. Un sigaro acceso. Santo cielo, ha smesso di respirare chissà quanto tempo fa, perché deve tenere un sigaro acceso nel mio salotto?!
So che dovrei fargli notare una serie di comportamenti disidicevoli ma la sorpresa, e forse la curiosità, mi paralizzano.
"E tu chi diavolo sei?" riesco solo a dirgli
Sorride, da copione, come solo un gatto nero dall'aria sinistra può sorridere
"Non scomodare il diavolo per così poco, ti ho solo chiesto un posacenere"
Ma con chi crede di parlare? Pensa forse che io mi lasci impressionare da un penoso incrocio tra il gatto con gli stivali e un personaggio di Bulgakov? Non mi conosce affatto questo borioso e megalomane spiritastro. Penso questo mentre gli passo diligentemente un posacenere.

Tolgo anche una sigaretta accesa dalla mano del Giocatore di Football Senza Volto, che se la fa consumare tra le dita senza capirne bene il senso. Senz'altro è stato quell'altro mefistofelico esserino e piazzarla lì. E già, proprio l'interlocutore ideale per lui il Giocatore. Può solo ascoltare. Se solo si togliesse quel sorrisetto dal muso andremmo già più d'accordo.
"Posso sapere di grazia, chi saresti tu?" gli chiedo
Gatto Nero "Beh non si può dire che l'ospitalità qui sia lodevole."
Lo confesso, i gatti non mi piacciono. Ma per questo qui l'antipatia è amplificata. Decisamente amplificata.
Si comporta come se dovessi versargli un martini...
Riprovo "E cosa faresti qui?"
Gatto Nero: "Ai miei tempi non si facevano domande così dirette e importune agli ospiti. Triste decadenza dei tempi. Non resta che adeguarci, pare. Aspetto il mio padrone, cara Carmilla."
Ai miei tempi invece, non va di moda usare le case degli altri per dare appuntamento ai propri compari. Che poi cara chi? Non ti ho mai visto in vita mia... penso, mentre gli verso un martini. Non sapevo nemmeno di averne...

"E chi sarebbe il tuo padrone? Un signore alto, magro e ben vestito con una leggera zoppìa e che si lava i capelli con uno shampoo allo zolfo?" lo guardo con aria di sfida.
Il gatto fa una smorfia disgustata
Gatto Nero: "La tua banalità è avvilente"

E' fatta, non potremo mai più ricucire alcun tipo di rapporto.
"E allora dimmelo tu, se non ti è di troppo disturbo, chi staremmo aspettando."
Gatto Nero: "Molti lo chiamano il principe invisibile."
"Non mi sembra che le tue prove di originalità siano molto più brillanti."
Dico con un'aria vittoriosa. Ma lui non sembra minimamente turbato. La sua sicurezza non ha avuto nemmeno un tremito. Anzi, sembra ancora più sorridente e nemmeno mi risponde.
Mi siedo di fronte a lui.
Non indossa nulla eppure c'è davvero poco di animalesco in lui. Porta persino un campanellino al collo, come qualunque gatto domestico.
Lo guardo meglio. No, non è la prima volta che lo vedo.
Gatto Nero: "Cosa c'è Carmilla? Qualche problema, cara?"
Ho dimenticato l'antipatia, nello sforzo di ricordare.

Sento arrivare Teo e Ruthven. Solo ora mi accorgo che prima ero da sola. Cioé, c'era il Giocatore però...
"Dove eravate?" mi giro per chiedergli
Ruthven: "In soffitta a cercare qualcosa per Natale. Sai noi non possiamo uscire a comprare nulla, ma ci sono tante di quelle cose in questa casa che un regalino salta sempre fuori."
Teo "E quello chi è?"
Carmilla: "Non mi ha detto il suo nome"
Teo: "Mi sarei stupito del contrario" dice Teo tranquillamente
Ma come, e io che cercavo alleati per dissipare il mio turbamento...
Mi rigiro verso la poltrona e ci vedo un gatto nero acciambellato pigramente. E' lo stesso di prima, non c'è dubbio. Ma ora è un gatto. Solo un gatto. Col suo campanellino al collo. Spariti sigaro e martini.
Carmilla: "Ma è uno spirito, non è un gatto vivo"
Teo "Sì, lo vedo. Sarà il gatto di qualcuno. Forse cerca il suo padrone."

"Scusate il gatto è mio"

Ci giriamo tutti. Io con un filo di tensione. Spero che l'animale scherzasse a proposito del suo padrone...
Ma non mi aspettavo quello che ci siamo trovati davanti. Un giovane dall'aria svagata, in camicia da notte e berretta. Si vede che viene da diversi anni fa. Direi seconda metà dell'ottocento. In mano ha una bugia con una candela. Il gatto gli si strofina contro affettuosamente. Maledetto giuda, si comporta assolutamente come un gatto, un gatto e basta. Ci giurerei, nemmeno il padrone sospetta la doppia natura del suo animale.
"E questo chi è?" Chiede Ruthven sottovoce
"Non lo so Ruth io ci rinuncio... tanto vale mettere un cartello ostello per trapassati"
Intanto mi compare accanto la baronessa
Baronessa: "Ma come Carmilla, proprio tu non lo riconosci?"
No, no lo riconosco e non capisco prché lei sorrida
Baronessa "E' Joseph Sheridan Le Fanu, l'autore di Carmilla. Noto al suo tempo come Il principe invisibile perché scriveva solo di notte e alla luce delle candele."
Ruth: "Beh anche io se mi fossi chiamato come un liquore avrei scelto un soprannome"

So che da qualche parte dentro di lui sta ridendo per lo smacco che mi ha dato, non lo vedo ma è come se potessi "sentirlo". Bestia malefica, ma chi l'ha portato in casa mia?

(continua)

Saturday, December 03, 2005

The Ugly Duckling

Torno nella mia camera per vedere cosa stia succedendo. Non è mai troppo prudente lasciarli insieme da soli per così tanto tempo. Specie nella mia camera...
Mi avvicino alla porta, sembra tutto tranquillo.
Socchiudo, non mi fido ancora. La calma apparente in questa casa è presaga di sventure.
Questa davvero non me l'aspettavo...
Hanno spostato tutti i miei mobili: Shahryàr è dietro la mia scrivania che scribacchia su dei cartoncini attaccati alla parete e gli altri sono seduti tutti di fronte a lui.
La scena non lascia dubbi: è una lezione.
Guardo meglio i segni tracciati da Shahryàr: è una lezione di arabo.

E' davvero incredibile l'impertinenza di certe creature. Sono sicura che diranno anche che lo hanno fatto per aiutare Shahryàr.
Certe volte si comportano proprio come dei bambini.
Ma in fondo perché prendersela?
Anzi, meglio così: tanto loro fra due giorni, nel migliore dei casi, si saranno stancati, tutto tornerà alla normalità ma, secondo il lor modo di vedere le cose, non si sentiranno più esclusi dal mio apprendimento della lingua araba.
Mi siedo su un cuscino, tra Teo e Muriel. Il quaderno ce l'ho già in mano. Anzi, a dire il vero tra una cosa e un'altra non l'ho ancora aperto. Forse un po' di ripasso con Shahryàr mi farà bene.

Sulla lavagna ha disegnato una «i» lunga, una delle 3 vocali.
Shahryàr: "Guardate, non è bellissima? Somiglia ad un cigno"
Non amo gli arabi in tutto e per tutto. Ma in certe cose sono davvero una cultura affascinante. Non ho mai sentito una maestra dire ai bambini che le lettere possono somigliare a qualcosa di animato. Eppure ci sarebbe da fantasticare.
Shahryàr sorride, compiaciuto della bellezza del segno. Ruthven strabuzza gli occhi. Proprio non lo vede un uccello in quella curva con due puntini. Del resto il suo parere non è perfettamente obiettivo in materia.
So che non dovrei ma per curiosità sbircio anche il quaderno di Muriel. In effetti potevo aspettarmelo: lei ha preso Shahryàr alla lettera e ha disegnato una bella paperella.
Teo si sporge verso di me e dice "lo abbiamo fatto per distrarre Shahryàr, così non pensa a Shahrazàd. Sembra che funzioni, no?"
"Certo, certo" rispondo annuendo. In realtà mi terrorizza l'idea che Shahryàr ci veda chiacchierare durante la sua lezione.
Si accorge che la sua classe è cresciuta. Sorride soddisfatto.
Shahryàr: "Ora scriviamo la parola «fuoco», è semplice".
"Sarà semplice per te", dice Ruthven a mezzo becco. Sono sicura che già non ne può più di distinguere tra lettere inziali, finali isolate, medie, finali annesse...
"Bene", dice Shahryàr perchè non si dà pena di controllare le fantasiose trascrizioni dei suoi allievi improvvisati,
"e ora scriviamo quello che viene dal fuoco..."

Mi guarda con aria interrogativa, si aspetta una risposta.
"il fumo?" chiedo timidamente.
Mi guarda con aria delusa scuotendo la testa.
"La luce, ragazza mia, la luce"

sì, decisamente per certe cose sono una cultura affascinante...