Wednesday, November 22, 2006

Notturno metropolitano (parte prima)

C'è chi dice che l'unico momento in cui non possiamo mentire è mentre dormiamo. Durante il sonno non possiamo fingere tranquillità se siamo agitati, sicurezza se ci sentiamo indifesi. Ognuno, forse, somiglia un po’ al suo riposo. O quanto meno il sonno riflette i nostri stati d'animo.
Io, ad esempio, dormo bene solo se la finestra è aperta. Anzi spalancata. Nella stanza deve entrare quel misto indecifrabile di luce siderale, lampioni cittadini e insegne luminose; quella luminescenza variabile che si posa dolcemente nella stanza e culla i pensieri.
Se poi la direzione del vento è tale per cui il rumore di un treno che passa sferragliando arriva attutito fino alle mie orecchie, allora il mio sonno sarà davvero beato.
Non so questo cosa dica di me e della mia personalità. So solo che quando fatico ad addormentarmi e mi rigiro nel letto, quella luce azzurrina mi conforta. Quando troppi pensieri affollano la mia testa, come stanotte, mi piace rivolgere lo sguardo verso il panorama familiare della mia finestra e trovarci qualcuno affacciato.
Un momento...
Mi metto a sedere di scatto. Ma chi è la sagoma alla finestra?
La notte è più luminosa di quanto la gente pensi. Una finestra metropolitana aperta illumina un ambiente con sufficiente chiarezza.
È un uomo, senz'altro. Ha avvicinato una poltrona al davanzale e si è seduto. Con la mano si sorregge il mento mentre guarda fuori, con un'espressione malinconica.
È talmente assorto che sembra aver dimenticato che nella stanza ci sono anch'io.
Potrei girarmi dall'altra parte e dormire.
Ma voi riuscireste ad addormentarvi sapendo che c'è uno sconosciuto inconsolabile affacciato alla vostra finestra?
Mi rigiro. Mi metto le scarpe e con gli occhi ancora assonnati raggiungo il mio ospite.
Lo osservo meglio alla luce diretta della luna.
Avrà almeno 50 anni, una folta barba più bianca che bruna e una ingombrante gorgiera. Mi accorgo che è vestito con grande sfarzo ma ciò nonostante ha un’aria trascurata.
Non è possibile che non mi abbia sentito alzarmi dal letto e avvicinarmi a lui. Eppure non si è mosso, nemmeno per cortesia. O mi ignora con ostentazione o la sua mente è davvero da un'altra parte. Cerco di scrutarlo e di capire come comportarmi con lui. Ha lo sguardo liquido di chi ha pensieri rarefatti, fluttuanti.
Cosa starà guardando?

Mi affaccio accanto a lui e cerco con lo sguardo l’oggetto della sua attenzione. No, non guarda assolutamente nulla.
Però, in fondo, non è poi così male starsene così, affacciati.
Mi perdo anch'io nei miei pensieri.
L'uomo barbuto sembra avvertire finalmente la mia presenza.
Mi guarda senza sorpresa ma quasi con curiosità. Deve essere abituato a riprendere all'improvviso contatto con la realtà. Seppure parziale.
Sconosciuto barbuto: “E voi chi siete?”
Non mi ero aspettata questa domanda. Non ha un tono inquisitorio. Sembra che abbia davvero bisogno di saperlo
Sconosciuto barbuto: “Siete mia moglie o la mia cameriera?”
Ok, il contatto con la realtà forse non è più recuperabile, però magari prima che sia l'alba potrei convincerlo dolcemente a scegliere un luogo per le sue riflessioni notturne che turbi meno il mio sonno
“Io sono la vostra ospite”, dico non sapendo bene cosa altro inventare
“Siete nella mia casa”
Sconosciuto barbuto: “Ciò è vero in parte dal momento che nulla qui è vostro in senso assoluto”. Lo dice senza prepotenza, come se non potesse non fare le opportune precisazioni.
Non che io sia attaccata ai beni materiali, però, insomma, in un periodo di incertezza socioeconomica almeno sapere di possedere una casa infestata è già meglio di niente.
Carmilla: “Non vorrei contraddirla ma questa casa mi appartiene”. Lo dico cercando di assumere lo stesso tono non polemico ma non so se ci riesco.
L'uomo appare quasi annoiato, come se fosse costretto a ripetere per l'ennesima volta qualcosa che anche i sassi dovrebbero sapere.
Sconosciuto barbuto: “Qualunque cosa si trovi sul mio dominio mi appartiene. È affidata temporaneamente a nobili o borghesi ma posso revocarne la proprietà in qualunque momento”
Ecco! Ci mancava giusto un re o un sedicente tale. Mi chiedo quale marca o granducato abbia avuto la disgrazia di essere amministrato da un uomo così... irreale.
Carmilla: “Perdonatemi signore, sono passati secoli dal vostro dominio (dico basandomi sulle tremenda gorgiera che porta al collo) non ricordo con quale nome erano conosciuti nella vostra epoca questi possedimenti”
Ma l’uomo sembra aver perso interesse alla conversazione e neanche si dà la pena di rispondermi.

Temo che dovrò sfogliare i miei libri di storia per avere qualche informazione in più.
Intanto dovrei portarlo via dal mio davanzale ma non mi viene in mente nessuna buona idea. L'uomo inizia a lamentarsi
Carmilla: “Cosa c'è, ehm... altezza?”
Sconosciuto barbuto: “La testa, mi fa male. Mi succede spesso.”
La cefalea sparisce con la morte, è ovvio. L'ipocondria no. Quindi anche un fantasma può lamentare disturbi psicosomatici se non si preoccupa di quello che gli altri possono pensare di lui.
Carmilla: “Maestà siate così gentile da seguirmi. Sono sicura che se vi stendeste sul divano in salotto vi sentireste subito meglio.”
Sconosciuto barbuto: “Potrei stendermi qui, sul letto”
Carmilla: “NO! Volevo dire, non lo trovo indicato.”
Sconosciuto barbuto: “Per le vibrazioni volete dire? È esposta a nord?” chiede con apprensione.
Rimango qualche secondo interdetta poi colgo l’occasione insperata: “Sì, era esattamente quello che intendevo”.
Sconosciuto barbuto: “Allora assolutamente non posso nemmeno avvicinarmici. Domani ordinerò di bruciare quel letto.”
Sorvolando sul fatto che basterebbe spostarlo, comunque, blasonato o meno, non è bello che qualcuno terrorizzi il mio letto. Lo guardo con affetto, come per rassicurarlo.
Eppure non riesco ad arrabbiarmi. L’ospite bislacco mi guarda fiducioso attendendo che lo conduca in un luogo in cui si potrà sentire meglio. Forse avrebbe piacere persino che lo prendessi per mano. Ma la sua regalità mi frena.
Sconosciuto barbuto: “Aspettate, ho dimenticato la mia borsa”. Recupera vicino alla mia finestra una grande borsa da viaggio su cui è ricamato a vetrini uno stemma nobiliare. Due uccelli o qualcosa del genere.
Lo accompagno al piano di sotto.
Come sospettavo Teo, Muriel e Ruthven sono davanti allo schermo che guardano ipnotizzati le cartomanti televisive.

(continua...)

2 Comments:

Anonymous Anonymous said...

ohhh...finalmente si ricomincia, che mi rodevo nell'astinenza :D

12:38 AM  
Blogger Willy Pooh said...

Fiiiiigo, sei tornata.

2:59 PM  

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