Saturday, November 19, 2005

studio op.10 n.3

Shahryàr ha l’aria davvero distrutta. Non solo è sorpreso e addolorato, sembra letteralmente smarrito.
Ruthven mi guarda come per chiedermi cosa fare. Mentre anche io mi chiedo quale sia l’approccio più conveniente con un sovrano famoso per le scarse competenze nella socializzazione, Muriel gli si avvicina e inizia a leccargli la mano. Gli occhi di Shahryàr si illuminano.
Ah sultano dei sultani, quando una persona ci pianta diventiamo tutti uguali. E abbiamo bisogno di un po’ di conforto. Teo si siede accanto a lui sul letto e gli mette un braccione peloso intorno alla spalla. Io l’ho provato un sacco di volte, vi assicuro che ha il suo effetto. Persino Ruthven riscopre un minimo di umanità. Cioè un minimo di empatia verso un essere umano.
Non è carino raccontarlo in giro ma credo che Shahryàr stia addirittura piagnucolando. Per non parlare di quando il Pianista ha iniziato a suonare l’opera10 N. 3 di Chopin. Per capirci quella che si chiama “tristezza”. Complimenti per il tempismo. Peggio poteva scegliere solo il Sogno d’amore di Liszt…
Io confesso che, considerando come aveva reagito Shahryàr l’ultima volta che una donna lo aveva profondamente contrariato, ho pensato che fosse opportuno allontanarmi dalla sua vista.
Così magari posso approfittarne per fare i compiti di Arabo in pace. Senza musi lunghi o facili ironie.

Mi infilo nel salone. Qui si trova l’unico tavolo che non sia drammaticamente ingombro di libri, matite, foglietti, trucchi, bottiglie vuote di coca cola.
Tiro fuori il quaderno, metto la penna in bocca. Tendo l’orecchio per accertarmi che di là non stia avvenendo un massacro. Bene, il Pianista ha iniziato a suonare il Sogno d’amore…
Sento un sospiro, rapido, discreto. Un momento: questa volta il sospiro non è il mio. Che qualcun altro qui dentro sia innamorato del Pianista?
Mi guardo intorno. Avvolta nel suo bel vestito blu e argento, seduta sul davanzale della finestra c’è Shahrazàd. Cielo che emozione. Sono da sola con lei e a pochissima distanza. Chiudo il quaderno di arabo prima che possa rimanere sconvolta. Non so cosa fare, non oso rivolgerle la parola.
E’ lei a guardarmi e a parlarmi.
Non è proprio un sorriso che mi fa.
Shahrazàd: Cosa succede di là?
In questi casi di solito dire la verità di rivela al scelta più saggia e deresponsabilizzante.
Carmilla: Il re è molto turbato. Sembra… perso.
Lo fa di nuovo, quel sorriso che non è un sorriso.
Shahrazàd: Sta tranquilla, non è la prima volta. Quando tornerò di là tutto continuerà come prima. I fantasmi sono così. Ogni minima variazione dell’eterna ripetizione li getta in profonda crisi. Solo riprendere il loro ruolo gli restituisce senso.
Carmilla: Non solo i fantasmi sono così le rispondo.
Ho il dubbio di averlo fatto anch’io quello strano sorriso.
Si gira meglio verso di me, mi guarda come se mi vedesse davvero per la prima volta.
Shahrazàd: Come ti chiami?
"Carmilla", le rispondo sapendo che lo dimenticherà non appena la sua vita riprenderà il suo corso normale.
Shahrazàd: Sai qual è il problema? Chi è abituato a raccontare storie inizia a pensare che le persone siano coerenti.
Carmilla: Oh scusa, non so come andassero le cose nel tuo paese e nel tuo tempo ma per quella che è la mia esperienza la coerenza non è particolarmente diffusa.
Fa un gesto di stizza.
Shahrazàd: Non intendevo coerenti con se stesse. Di quelle che ne sono poche in ogni tempo e in ogni luogo. Intendevo coerenti con la storia.
Annuisco ma non sono sicurissima di aver capito bene.
Shahrazàd: Questo fa in modo che noi elaboriamo delle aspettative. E quando vengono deluse ne soffriamo. E diamo la colpa agli altri. Ma a volte la colpa è nostra.
Carmilla: Vuoi dire che a volte rimproveriamo implicitamente agli altri una certa mancanza di senso estetico?
Lei si mette a ridere di gusto. A me non sembrava di aver fatto una battuta divertente ma sono contenta che a lei piaccia.
Shahrazàd: In un certo senso sì, conferma lei.

Si alza in piedi, si aggiusta il vestito e il velo.
Shahrazàd: Stasera tornerò. Prima voglio godere un giorno solo per me. Per ricordare.
“Per ricordare cosa, o chi?”, vorrei chiederle. Ma mi sembra troppo. Prima che scappi trovo il coraggio di chiederle
Carmilla: cosa bisogna fare allora?
Mi guarda con aria interrogativa
Carmilla: Se uno ha la tendenza a trattare le persone come personaggi… le chiedo senza guardarla. Ci manca che le dica che glielo chiedo perché ho un cugino a cui è successa una cosa simile.
Si illumina di orgoglio.
Shahrazàd: allora si smette di vivere e si raccontano solo storie.
Sparisce.

Mai. Mai chiedere un consiglio di vita a un fantasma. Devo ricordarmene…

0 Comments:

Post a Comment

<< Home